Recensione del volume “Contro il catastrofismo. Psicoanalisi in dialogo”,
a cura di Cosimo Schinaia (Jaca Book, 2025)
di Adriano Purgato
Esiste un’alternativa al catastrofismo per pensare al cambiamento? Il volume curato da Cosimo Schinaia chiama a raccolta autori provenienti da diverse discipline e chiede loro alcune proposte per riflettere, con coraggio e da molteplici angolature, attorno a questa domanda. I contributi di antropologi, psicoanalisti, docenti universitari ed esperti di questioni ambientali compongono un mosaico del quale il lettore apprezzerà una gestalt tematica grazie alla tessitura di senso di Schinaia che, utilizzando il registro psicoanalitico e supportato da una solida ricerca bibliografica, guida il lettore attraverso le connessioni che legano i molteplici vertici di osservazione proposti. Questi, come assoni, lasciano passare un segnale di speranza alla narrazione condivisa che nulla si possa contro la rapidità, la violenza e l’inesorabilità delle teorie catastrofiste attualmente in auge. Il tema centrale dal quale il volume prende avvio, quello che ruota attorno al reale stato di salute della nostra Terra, è anche un filo conduttore che lega molteplici declinazioni e aree della conoscenza nelle quali la teoria del catastrofismo ha già un preoccupante statuto di residenza. Il volume ne offre diverse: le politiche industriali che regolano la produzione e il consumo del cibo, i tumulti interni che carsicamente si fanno strada nella delicata fase dell’adolescenza, quelli subitanei esterni conseguenti ad un cambio della narrazione politica in un’area del Pianeta o, ancora, l’alchimia che regola la tensione tra genetica e destino. Infine, le torsioni psichiche che i recenti eventi su scala mondiale – guerre e pandemie – stanno ancora influenzando il nostro mondo interno, così come le incognite di una transizione energetica che dal fossile non lascia intravedere esiti e direzioni univoche.
La ricchezza di questi stimoli lascia intuire al lettore che al di là della preoccupazione per una catastrofe ambientale, ci sia ben altro. Come ben indicato dagli autori, questo ‘altrove’ consiste proprio nella capacità di mantenere quello che Freud (1932) chiama territori esteri, sia esterni che interni. Sempre Schinaia chiarisce meglio cosa intenda la psicoanalisi per ‘territori esterni’: è ‘qualcosa che prende forma e significato attraverso la costante riscoperta e riorganizzazione nello spazio interno’.

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