Intervista di Dimitris Malidelis* (DM) a Cosimo Schinaia**(CS)

* Psicologo Clinico, MSc in Psichiatria Sociale, Psicoanalista, Membro della Helle- nic Psychoanalytical Society e member IPA

**Psichiatra direttore Dipartimento di salute mentale Genova centro, psicoanalista membro ordinario con funzioni di training della società psicoanalitica italiana e full member IPA.

1) DM Dott. Schinaia, la ringrazio per essersi reso disponibile a questa intervista. Come psicoanalista lei si è occupato del rapporto tra interno e esterno, psiche e ambiente nell’ambito della teoria e della clinica psicoanalitica. Potrebbe dirci come è nato questo suo interesse?

1) CS Da molti anni mi occupo dello scambio osmotico tra interno e esterno, tra conscio e inconscio, tra individuo e gruppo, tra organizzazione mentale e organizzazione sociale, tra natura e cultura. Il continuo instabile ridefinirsi delle relazioni fra i differenti territori, attraverso i loro mutamenti, le loro trasformazioni, le loro riorganizzazioni, si costituiscono come una questione assai delicata nel doppio registro intrapsichico e interpersonale. Noi siamo circondati dall’ambiente, respiriamo l’ambiente, dipendiamo dall’ambiente, ma al tempo stesso lo teniamo dentro di noi, nei nostri sogni, nei nostri conflitti nelle nostre menti, nelle nostre angosce, nelle nostre paure. Nel 2016 è uscito il mio libro Interno Esterno. Sguardi psicoanalitici su architettura e urbanisti- ca (Alpes, Roma), tradotto in inglese (Karnac, London) e in spagnolo (Biebel, Buenos Aires). Proseguendo nelle considerazioni presenti nel libro, il mio intento è quello di mostrare come la psicoanalisi possa non essere un lusso, ma una risorsa preziosa da sfruttare adeguatamente per approfondire lo studio dei meccanismi di difesa individuali e comunitari nei confronti della presa di coscienza dei gravi problemi ecologici dell’oggi, delle catastrofi ambientali, che necessariamente riorientano il pensiero sulla psiche e sulle sue dinamiche. Non si tratta del vecchio concetto di psicoanalisi applicata, ma, come direbbe Lacan, di una psicoanalisi implicata, capace di confrontarsi con gli altri linguaggi scientifici, di ascoltare l’ascolto degli esperti del campo che va a investigare. Quando sono nella stanza di analisi, la relazione analitica con i pazienti è necessariamente in rapporto con le forze esterne, prima fra tutte i cambiamenti climatici e il modo in cui consciamente o inconsciamente vengono registrati dentro di noi. Janine Puget e Leonardo Wender (1982), parlano di mondi sovrapposti (mundos superpuestos), quello del paziente e quello dell’analista, entrambi attraversati dalle contraddizioni sociali, dalle ideologie, per cui non è possibile fare riferimento a un’asettica dinamica transfert-controtransfert sganciata dai riferimenti culturali e ambientali di ognuno dei due, che spesso sono gli stessi. Puget e Wender fanno riferimento al concetto di vinculo, originariamente introdotto da Enrique Pichon-Rivière (1971), che si fonda sull’idea che la realtà esterna e quella interna non sono entità contrapposte, ma in continuo rapporto dialettico, un movimento a spirale che determina il funzionamento mentale. Pertanto, il vinculo include l’interno, l’esterno e un terzo originale, costituito da entrambe le realtà. L’automobile con cui noi e i nostri pazienti raggiungiamo i nostri studi, gli edifici che incontriamo sul nostro percorso, gli interni degli studi, il riscaldamento, l’aria condizionata, la nostra alimentazione: tutto poggia sul consumo di carburanti fossili ed entrambi, paziente e analista, siamo coinvolti e influenzati nelle modalità con cui simbolizziamo, nei nostri sogni, nelle nostre fantasie inconsce, che si incontrano, scontrano, confondono fino a generare nuove realtà psichiche nella stanza di analisi.

2) DM Leggendo i suoi scritti, sono frequenti i riferimenti a Freud e al suo pensiero relativo alla civiltà e in particolare al rapporto conflittuale uomo-natura. Pensa che il pensiero freudiano possa ancora essere attuale?

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